mercoledì 27 ottobre 2010

Lo Scorpione ha le ruote!!!

Non c'è niente da fare, mi faccio sempre prendere la mano. Ah well...

In ogni caso, la notizia ora è ufficiale, anche se bisognerà aspettare qualche giorno per le varie pratiche d'immatricolazione.

Stretto riserbo sul modello scelto, un segreto custodito gelosamente dalla mia famiglia e dal mio commercialista ^_^

Son molto contento. Anche se mi mancherà il mio scatolino, che in questi 13 anni ne ha viste davvero di tutti i colori.

Gli devo un giro d'onore prima di rottamarlo. Si accettano adesioni!

domenica 24 ottobre 2010

L'importanza della famiglia

In questi ultimi giorni mi è capitato di assistere ad alcune scene che mi hanno fatto riflettere, e riflettendo ho realizzato che forse non sono abbastanza grato (a Dio? al Destino? a me stesso? a loro?) della famiglia che mi è toccata in sorte.

Non parlo della qualità delle persone. Tutti quanti hanno pregi e difetti, ed in ogni caso sono sempre più convinto che non esistano persone "a posto" e persone "marce", ma solo persone "compatibili" e persone "incompatibili". Ad esempio, anche nella mia famiglia, ci sono persone incompatibili con me... persone che hanno diverse priorità, diversi sensi dell'umorismo, diverse moralità e diversi modi di affrontare la vita. Persone, per farla breve, con le quali a parte il legame familiare ho davvero poco da spartire.

Ma il punto sta proprio qui. Il legame familiare è quella cosa che tiene insieme persone che insieme non starebbero, e anzi è così potente da trasformare queste persone diversissime tra loro in un insieme forte, molto più forte della somma dei singoli. E' un legame basato (in diverse quantità) sulla solidarietà, sull'affetto, sul dovere e sulla responsabilità.

Spesso, è anche un legame che si dà per scontato. Soprattutto tra adulti, quando l'imprescindibile pulsione ad aiutare chi è indifeso scema fino a scomparire. Per forza mi aiuta, è mio padre. Per forza si preoccupa, è mia madre. Per forza le voglio bene, è mia sorella.

Beh, bisogna ricordarsi che tutti questi "per forza" non sono per niente scontati. Vengono dalla pulsione interiore di appartenere ad un gruppo, un gruppo del quale occuparsi e che si è preso (e si prende, e si prenderà) cura di noi.

Il legame di sangue, con questo, non c'entra. La famiglia è una costruzione sociale, non una costruzione biologica. Quando è stato chiaro che mia sorella aveva fatto la sua scelta, il ragazzo che sarebbe diventato mio cognato è diventato uno della famiglia. Mia sorella gli ha dato la tessera, se vogliamo, e tanto basta. Ha ricevuto un buono gratis di rispetto, di considerazione, e di solidarietà incondizionata, e la cosa più bella è che l'ha ricevuto senza un "credito pregresso"... nessuno di noi era in debito con lui, e lui non era in debito con noi. Semplicemente, è stato accolto, e da allora ha partecipato delle nostre gioie e dei nostri dolori, e noi abbiamo fatto altrettanto.

Per fare un esempio di cosa intendo con questo discorso: ho visto adolescenti occuparsi, anche teneramente, dei nonni, perchè quando erano piccoli i nonni si occupavano di loro. Oppure genitori occuparsi dei propri figli, restando comunque intrinsecamente diffidenti di chi questi figli si portano in casa, considerando queste persone "non di famiglia". Beh, credo che svilire il rapporto familiare fino a considerarlo una "dovuta restituzione di un favore", o un dovere biologico non estensibile, sia riduttivo a dir poco.

Tornando al motivo per cui ho scritto questa blog entry (evento più unico che raro, perchè sono un fottuto pigrone): credo di avere scordato, o di non aver mai apprezzato abbastanza, quanto sia bello avere attorno persone che sentono questo vincolo familiare come lo sento io. Aver incontrato realtà in cui questo legame è meno sentito (anzi, non meno sentito, soltanto sentito in maniera diversa) mi ha fatto all'improvviso ricordare che potrebbe essere molto peggio.

Per cui, ogni tanto è giusto fermarsi e considerare che si è fortunati ad avere intorno una famiglia vera.

martedì 12 ottobre 2010

Tanti, pochi, nessuno.

Ci sono persone che hanno molti amici. Ne conosco qualcuna anche io, e per un bel pezzo mi sono chiesto se erano persone baciate dalla fortuna, o particolarmente simpatiche, o particolarmente socievoli, o particolarmente attraenti, o particolarmente perbene. La risposta è "probabilmente sì".

Io, che non sono nè particolarmente simpatico, nè particolarmente socievole, nè particolarmente attraente, nè particolarmente perbene, mi sono più o meno sempre dovuto adattare alla mia condizione di persona con pochi amici. Pochi ma buoni, naturalmente, ma il fatto che la frase sia diventata un modo di dire ricorrente non è esattamente uno spot per la sua veridicità. Alla fin fine, non è necessariamente vero. Tanto per fare un esempio, io ritengo di essere tra i "pochi ma buoni" di qualcun altro, eppure non avrei certo la presunzione di sostenere che sono (o sono sempre stato) un buon amico. Anzi.

Qualche tempo fa, un mio amico è stato in ospedale per un incidente piuttosto grave, e quando siamo andati a trovarlo uno di noi ha detto a sua madre, che ci ringraziava per essere dei buoni amici: "Signora, ognuno ha gli amici che si è meritato". La frase mi ha colpito per la sua semplicità e, credevo, per la sua verità. Dopotutto, ho pensato, è vero: il mio amico malato è una persona veramente speciale, ed eravamo in tanti preoccupati per lui proprio perchè è una persona speciale.

Beh, io credo di essere ancora più fortunato di così. Io ho amici che non merito. Ne ho pochi, pochissimi, forse troppo pochi, ma ciascuno di loro è più di quello che dovrei avere se il mondo fosse meritocratico.

Quanto meno, me ne rendo conto.

domenica 3 ottobre 2010

Reticentia, -ae

Mah.

E' incredibile quante cose possano cambiare senza che nessuno muova un dito con l'intenzione di cambiarle.

Una cosa che non capirò mai è la reticenza. Non la riservatezza, quella la posso anche capire, ma la reticenza è veramente fuori dal mio sentire quotidiano. Qual è la differenza? La differenza è che l'uomo riservato comunica col prossimo a meno che non abbia un buon motivo per non farlo. L'uomo reticente, al contrario, comunica soltanto se vi è costretto.

Io i riservati li invidio, ma i reticenti li piglierei a sberle. E non perchè sono curioso, o pettegolo... no, io li piglierei a sberle perchè non sono collaborativi, perchè sembra sempre che siano sul chi vive. E quando hai a che fare con qualcuno che sta sempre sul chi vive, hai la perenne, continua, fastidiosissima sensazione che non si fidi di te.

...Da lì a salirti la voglia di mandarli affanculo, purtroppo è un attimo.

A me ci vogliono anni, e intendo letteralmente anni, e una enorme dose di autocontrollo per mandare giù un reticente. Sarà che sono, o mi piacerebbe essere, un uomo di comunicazione.

A molti una frase del genere evoca (a parte un certo grado di diffidenza innata) scenari professionali, la capacità di convincere, la capacità di insinuare un pensiero o una idea al posto giusto al momento giusto, la capacità di fare breccia nell'immaginario altrui per guidarlo dove vogliamo. In definitiva, evoca un potere, un fantomatico controllo esercitabile, se non a comando, almeno in maniera tendenziale.

Io non la vedo in modo così disilluso, anzi. Sono molto più innocente. A me la comunicazione ha sempre affascinato come filosofia. La capacità del singolo di estendere il proprio raggio d'azione oltre se stesso è stupefacente, e quando dico stupefacente intendo che dà assuefazione. Come si possa vivere con il freno a mano sempre tirato, l'abitudine a non aprirsi mai, per me è inconcepibile.

Tornando a noi, come dicevo, mi ci vogliono anni per digerire un reticente. Dopo un po', continua a non piacermi e (cosa ancora più importante) continuo a non capirlo, ma finisco per accettare che le cose stanno così e, pian piano, smetto di prendermela sul personale.

Il problema si pone quando qualcuno che non è mai stato reticente comincia a diventarlo. Soprattutto su un argomento specifico. Se poi è una persona il cui giudizio è importante per te, come fai a lavarti via la paranoia che non si fidi ad aprirsi?

Ci devo lavorare. Le paranoie non fanno bene agli Scorpioni.

Però scoprire che di una delle novità più attese (e più felici, in un modo o nell'altro) degli ultimi anni, una persona con cui hai sempre avuto un buon rapporto non ha voglia di parlare, è un peccato. Parlare di minchiate e fare la review dei videogiochi va bene come filler, ma come main plot è una chiavica :-(

Nostalgia canaglia.